L’art. 1655 c.c. definisce l’appalto quale “contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro”.
Oggetto del contratto di appalto è, pertanto, il risultato di un facere che può concretizzarsi sia nel compimento di un’opera che di un servizio assunti dall’appaltatore dietro il pagamento di un corrispettivo.
Il contratto di fornitura e posa è invece un contratto atipico, più precisamente un contratto misto, non espressamente disciplinato dal codice civile, caratterizzato da controprestazioni di diversa natura (cessione della proprietà di beni e prestazione di manodopera).
Per determinare quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha affermato che “occorre seguire il criterio della prevalenza tra le prestazioni pattuite e assoggettare il negozio alla disciplina unitaria dell’uno o dell’altro contratto in base alla prevalenza degli elementi che concorrono a costituirlo” (Cass. Civ., 2 dicembre 1997, n. 12199).
Il contratto di fornitura e posa in opera è una particolare figura negoziale nella quale concorrono sia gli elementi dell’appalto (prestazione di fare) che della compravendita (prestazione di dare); il discrimine tra le due fattispecie è determinato in primis dalla volontà contrattuale delle parti e in secondo luogo dal rapporto tra il valore della materia ed il valore della prestazione d’opera.
Il Consiglio di Stato ha precisato che “la distinzione tra appalto e vendita si basa su due elementi: da un lato, la volontà dei contraenti e, dall’altro, il rapporto fra il valore della materia (prestazione di dare) ed il valore della prestazione d’opera (prestazione di fare), bensì avuto riguardo alla comune intenzione dei contraenti. Pertanto, si è in presenza d’un contratto d’appalto o d’opera se l’oggetto effettivo e prevalente dell’obbligazione assunta dal produttore-venditore è la realizzazione d’un opus unicum od anche d’un opus derivato dalla serie, ma oggetto di sostanziali adattamenti o modifiche a richiesta del destinatario, laddove la fornitura della materia è un semplice elemento concorrente nel complesso della realizzazione dell’opera e di tutte le attività a tal fine intese. Al contrario, si è in presenza d’un contratto di compravendita, se le attività necessarie a produrre il bene costituiscono solo l’ordinario ciclo produttivo del bene, che può anche concludersi con l’assemblaggio delle sue componenti presso il destinatario, ma è la sola consegna del bene stesso, l’effettiva obbligazione del produttore-venditore” (Consiglio di Stato, 7 luglio 2014, n. 3421).
E ancora “in ordine alla distinzione del contratto di compravendita rispetto al contratto di appalto, nel contratto di appalto vi è un fare che può essere comprensivo di un dare, mentre nel contratto di compravendita vi è un dare che può comportare anche un fare. Pertanto, sono sempre da considerarsi contratti di vendita – e non di appalto – i contratti concernenti la fornitura ed eventualmente la posa in opera qualora l’assuntore dei lavori sia lo stesso fabbricante o chi fa abituale commercio di prodotti e dei materiali di che trattasi, salvo ovviamente che le clausole contrattuali obblighino l’assuntore degli indicati lavori a realizzare un quid novi rispetto alla normale serie produttiva, perché in questo caso dovrebbe ritenersi prevalente l’obbligazione di “facere”, in quanto si configurano elementi peculiari del contratto di appalto e precisamente l’”intuitus personae” e l’assunzione del rischio economico da parte dell’appaltatore. Qualora invece l’assuntore dei lavori di cui si dice non è né il fabbricatore, né il rivenditore del bene da installare o mettere in opera, l’attività di installazione di un bene svolta dal prestatore, risultando autonoma rispetto a quella di produzione e vendita, identifica o rinvia ad un contratto di appalto, dato che la materia viene in considerazione quale strumento per la realizzazione di un’opera o per la prestazione di un servizio” (Cass. Civ., 17 gennaio 2014, n. 872).
In definitiva, alla fornitura e posa in opera si applica la disciplina del contratto di compravendita qualora l’obbligazione di dare risulti prevalente rispetto all’obbligazione di fare, viceversa si applica la disciplina del contratto di appalto se l’obbligazione di fare risulta prevalente rispetto a quella di dare.
La qualificazione giuridica del contratto e dunque la relativa disciplina applicabile, prescinde dal nomen iuris assegnato dai contraenti essendo invece necessario verificare i dati fattuali desumibili dalla documentazione contrattuale, nonché la concreta volontà della parti emergente anche dalle singole clausole dello strumento contrattuale.
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